La realtà nel sogno – racconto di Maria Velia Lorenzi

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Maria Velia Lorenzi, poetessa e scrittrice, guida dal 2001 il Laboratorio Esprimersi Scrivendo, tutti i venerdì un’occasione preziosa per i soci de L’Alba Associazione per imparare (o ritrovare) la forza della scrittura come veicolo per esprimere le emozioni, le sofferenze, i pensieri, i sogni. Spesso la malattia della mente ferma la voce. Nel gruppo Maria Velia sostiene le persone a ritrovarsi, riconoscersi, dialogare e relazionarsi. L’esperienza è stata raccolta nel volume edito da Carmignani “La musica nelle parole“. In questa sospensione del lock down per il Corona Virus, il laboratorio prosegue online sulla pagina Facebook dell’Associazione (Esprimersi Scrivendo Seconda SettimanaEsprimersi Scrivendo Prima Settimana). Questa settimana ci regala un racconto, per stimolare la riflessione introspettiva rispetto a questo momento storico così difficile per tutti noi.

La realtà nel sogno

Maria Velia Lorenzi

Durante i sogni è raro che ci si accorga di sognare. Una situazione assurda,bella o brutta che sia, si configura nella realtà e si sopportano situazioni al margine del sopportabile finché, raggiunta la massima tensione, un balzo del corpo ci sveglia salvandoci.
“Sto sognando?” si disse.

Stava pensando a quanti lavori si doveva sobbarcare una donna in un’epoca di agi e di confortevoli dimore, case quali potevano essere una volta solo le case dei ricchi. Curate abitazioni, in contrasto con quelle degli emarginati, a volte tuguri mai visti, e considerati solo da chi sa e vuole vedere. I tempi della giovinezza narrati da sua madre potevano sembrare remoti ma, in realtà, non erano che un pugno di anni rispetto alla storia evolutiva dell’uomo. Pavimenti e pareti che assorbivano la polvere, poche suppellettili, fornelli a carbone, tegami e stoviglie da strofinare con liscivia e pomice, bucati al lavatoio o al fosso, desiderio di comodità e cose belle, umiliazione di cose irraggiungibili, patina del tempo sul corpo che nessuna donna del popolo aveva tempo o voglia di mascherare. Allora, c’era il pulito essenziale, ma anche l’accettazione di un certo disordine come prezzo di un riposo in più. Le faccende quotidiane, fatte con puntualità e calma, erano frammezzate da due chiacchiere con le vicine, mentre i figli giocavano insieme fuori senza pericolo e, col tempo che passava, da sogni ad occhi aperti su un mondo in salita, un mondo diverso da tutti gli altri di cui si poteva conoscere il modello dai film americani. Il ghiaccio che si trovava la mattina nel piccolo ciottolo, messo apposta fuori dalla finestra nelle sere d’inverno, sarebbe diventato ovvio nel frigorifero.

Stava pensando questo seduta sulla sdraio del terrazzo. Cercava di rifugiarsi in quell’angolo con tavolino e ombrellone, improbabile riproduzione di un pezzetto di giardino. C’era chi non aveva neanche un terrazzo. Pensando, socchiudeva gli occhi sul cielo illanguidito dal sopraggiungere della sera. Nuvole rade transitavano. “Bello starsene laggiù” ogni tanto vaneggiava “Bello volare come quegli uccelli dalle larghe ali. Gabbiani sparsi e gracidanti, cormorani in formazione d’autunno e oche che, nel volo unito, trasformano la goffaggine del loro incedere a terra in superba eleganza. E il falco, e l’aquila, se non fossero rapaci. Nuvole che passavano lente e spumose, che si modellavano di attimo in attimo, malleabili al tocco leggero del vento. Nuvole che passavano irridendo sulle bassezze e agitazioni umane. “Da quassù si vede tutto. Guardatevi intorno, guardatevi fra voi. Guardate quassù”.

Forse si era assopita. “Avete voluto ogni agio, l’avete conquistato: questa è la grandezza dell’uomo. E’ tenace, creativo pieno d’ingegno. E’ a immagine di Dio. Sa rendere possibili cose credute magiche o buone per le favole. Fino a cinquant’anni fa, “apriti sesamo” era la frase magica delle favole che faceva spalancare le porte serrate e i cancelli, “abracadabra” illuminava il buio. Ora questo accade nella realtà, basta un pulsante. Ma qua sulla terra tutto ha un prezzo. L’incomprensione è all’origine del conflitto, l’inconsapevolezza all’origine dell’ingiustizia. Vedere come un alieno chi non è, non sta,non pensa come te genera mostri. La fame di alcuni, la voglia di vivere nonostante tutto degli emarginati,l’esigenza di essere di chi si vorrebbe cacciare nell’ombra diventano, nella mente di chi non vede, indegnità. E’ il non comprendere questo che getta molti nel branco dei negativi, facendo di ogni erba un fascio. Il male esiste, ma si può distinguere quello vero usando la scia di luce che ci attraversa aprendoci all’altro.

Fuori dal cancello del cortile condominiale, un silenzio strano, nuovo diceva cose mai dette prima. “Sembra di essere in un paesino di montagna, dove è padrona la pace nelle vie. Dove si saluta sempre chi passa e si avverte nell’aria buona il brusio di ciò che non si sente mai. Ma questo silenzio è carico di angoscia”.

Ora era la realtà a rendersi sogno, un sogno dal quale forse sarebbe nata una nuova realtà.

Ricordando l’improvviso vivere muto di ogni cosa, le autostrade semivuote, ogni divertirsi fatuo o buono insieme agli altri fermo, la fretta gambizzata, la riflessione costretta a vedere certi tremendi danni del rifiutarsi di guardare, l’aria tornata respirabile, la libertà negata, l’umanità avrebbe capito, alla fine, che l’unica salvezza a noi concessa è qualcosa che unisce ricchi e poveri, fortunati e sfortunati,importanti e derelitti? In una parola, avrebbe finalmente capito che l’unica ricchezza che abbiamo è l’arma che non permette mai di vedere l’altro reciso da noi? Avrebbe capito che quello da salvare su tutto è l’”Amore”, stanco di esser troppo usato per scopi che non gli appartengono?

 

 

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